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Guida allo Studio

UniNews

“Nel silenzio surreale, gli studenti mi portano l’università a casa”

La nuova rubrica #farawaysoclose. A Venezia, Giorgio Camuffo, docente di Comunicazione visiva, lavora ai progetti semestrali mentre osserva la sua città ammutolita.

Così lontani, così vicini. Come si svolge la quotidianità della comunità unibz in questi tempi di distanziamento sociale? Nelle prossime settimane, vorremmo dare la possibilità a chi ci legge di dare un’occhiata alla trasformazione digitale della vita di professori, ricercatori, studenti e alumni. Parlando con loro e di loro, vorremmo ritrarre questo cambiamento che – presumiamo - rimarrà a lungo nella nostra memoria. I contributi appariranno online due volte a settimana, con l’hashtag #farawaysoclose. Il primo appuntamento è con Giorgio Camuffo, professore della Facoltà di Design e Arti. 

Nessuno ancora sa se Venezia, questa volta, stia veramente affondando. Prima dei giorni del covid-19, nonostante tutti i problemi legati alla sua intrinseca fragilità, la vitalità della scena culturale locale era uno degli elementi che  tenevano a galla la città, la aiutava a ripensarsi e a coniugare la piccola dimensione di comunità fiera di sé con quella di un centro turistico capace di attrarre 32 milioni di turisti l’anno. 

Uno di questi strumenti di riflessione era la rivista “Venice is not sinking”, una creatura di Giorgio Camuffo, partorita nel 2005 assieme ad amici designer, scrittori, disegnatori e studenti. “Il progetto della mia vita”, la definisce il docente unibz. E adesso chissà sarebbe forse il momento di rispolverare un altro numero della rivista, farne un manifesto di resistenza culturale e antropologica che aiuti la città a tenere alta la speranza e a trovare le forze per superare la tragedia umana ed economica del covid-19. 

Raggiungiamo Camuffo nello studio del suo appartamento nella città lagunare. Anche se ormai insegna in unibz da quasi un decennio, il designer è fieramente e inconfondibilmente veneziano, come sa chiunque lo conosca. Iniziamo la chiacchierata parlando di come passi il tempo. “Lavoro tanto ed esco pochissimo da quando è stato dichiarato il lockdown, solo per andare da mia madre e al mercato del pesce. Oggi mi è capitato di salire sul vaporetto a piazzale Roma. Ho notato una cosa mai vista prima: c’erano le anatre. La natura si sta spingendo dove prima non c’era ed è forse un bene ma il prezzo che la gente sta pagando è altissimo, essendo Venezia una città che, nel bene e nel male, dai commerci e dal turismo traeva il proprio sostentamento”, spiega. Mi manda una fotografia scattata alle 9 di mattina. Si vede una piazza San Marco senza anima viva, quasi metafisica. L’overtourism, le migliaia di turisti che sciamano per le calle, il profilo delle mastodontiche navi da crociera che sovrasta tetti e campanili sembrano cartoline da un tempo lontano. “I veneziani non sono mai stati rinchiusi in casa nemmeno con la peste del ‘600. Vedere tutto fermo fa male anche perché nessuno sa quando e come ripartire”, incalza. 

Il discorso si sposta sui progetti cui sta lavorando al momento. Ci sono quelli editoriali come docente e quelli coi ragazzi. Le giornate trascorrono, come quasi tutti, davanti allo schermo del pc. Per le conferenze che, online, hanno reso possibile rendere fruibile l’insegnamento di professionisti e ospiti che, diversamente, per ragioni economiche e di tempo, non sarebbe stato possibile ospitare in atelier durante le normali lezioni in Facoltà.

Più incerto è rimasto il percorso di trasformazione delle lezioni pratiche. Se per altre discipline scientifiche, il passaggio alla modalità di insegnamento online è stato veloce, perché immateriali, nella realizzazione concreta di un manufatto o di un prodotto editoriale frutto del lavoro di un team si fa sentire la mancanza della prossimità fisica e del contatto visivo ravvicinato, impossibili da surrogare nei pixel di uno schermo. Anche la valutazione estetica è fortemente condizionata. “Come posso capire se un colore è adatto se non lo vedo dal vivo e vedo l’effetto che fa? Tuttavia ci stiamo provando”, ammette Camuffo, “e, nonostante tutte queste limitazioni, i ragazzi e le ragazze del mio corso mi stanno seguendo. Le idee non ci mancano”. Il tema dei temi è sempre l’emergenza ambientale, i cambiamenti climatici, che sono stati al centro del progetto semestrale anche lo scorso anno. “È una tematica che non vogliamo abbandonare e su cui si sono state interazioni molto positive con alcuni colleghi della Facoltà di Scienze e Tecnologie”, aggiunge, “sono convinto che progettare una comunicazione efficace e convincente sia una delle strade da battere nella lotta per il clima”.

Camuffo è convinto che le interazioni con le altre discipline scientifiche siano necessarie per innovare e aprire nuove possibilità al design e ai designer. Questo è quello che sta facendo con i suoi studenti da alcuni anni, lavorando sui temi dell’educazione e della comunicazione visiva. Seminari con pedagogisti innovativi, curatela di manifestazioni di divulgazione scientifica come la Lunga Notte della Ricerca, convegni interdisciplinari. Tutte queste esperienze confluiranno nel prossimo grande progetto didattico del docente che partirà a fine anno e che rappresenta un’offerta didattica unica in Italia. “A dicembre, partirà il master di primo livello in Education Design”, conclude Camuffo, “lo scopo è formare professionisti che siano in grado di progettare nuovi strumenti e percorsi educativi, mettendo insieme una sensibilità e conoscenza di pedagogia alle competenze di designer del prodotto e della comunicazione. Sarà una grande scommessa e speso che possa anche aiutare a mettere a fuoco nuovi ambiti di lavoro per chi esce da una laurea triennale”. 

(zil)