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“Il mio lockdown nel vano scala, tra famiglia, lavoro e studio”
#farawaysoclose. La fine dell'isolamento coincide con un nuovo inizio. Il racconto di Gianluca Camillini, docente a contratto e ricercatore alla facoltà di Design e Arti.
La forma mentis del designer è quella di chi è abituato a cercare – e trovare – soluzioni non ortodosse ai problemi della quotidianità, dai più complessi ai più banali. Gianluca Camillini, ricercatore e docente del corso di laurea in Design e Arti non lo insegna e mette in pratica solo nelle aule della Facoltà ma anche tra le pareti da casa sua. O forse sarebbe meglio dire anche meno di un metro fuori dalla porta d’ingresso.
Il lockdown ha sorpreso lui e la sua famiglia nel piccolo appartamento di Bolzano dove hanno vissuto per anni ma da cui avrebbero dovuto traslocare entro poche settimane per entrare in uno nuovo, più ampio e con un balcone. Sfortunatamente, il coronavirus si è mezzo di traverso e ha costretto lui e sua moglie, assieme al figlio di due anni, a passare gli ultimi tre mesi reclusi in appena 50 metri quadri.
Come sopravvivere e conciliare le esigenze di studio, lavoro e vita privata senza patire un esaurimento nervoso? “Non è stato semplice anche perché siamo sempre stati molto rispettosi delle regole e quindi non uscivamo mai. Diciamo che ho fatto di necessità virtù”, commenta Camillini. Lui e la moglie, docente lei stessa, dovevano garantire il proseguimento delle lezioni online agli studenti: un’impresa già complicata di per sé per un docente di una materia in cui la pratica è essenziale. “Figurarsi poi se a questo aggiungiamo la necessità di creare le condizioni di benessere per un bambino ancora piccolo che non poteva uscire e il cui unico spazio erano le due piccole stanze di casa”, commenta.
La via d’uscita? Il pianerottolo, dove il docente e sua moglie – che fortunatamente abitano all’ultimo piano – hanno costruito una postazione di lavoro con tavolo e sedia, e dove si sono alternati con i loro pc per buona parte della giornata lavorativa. La calma delle scale, senza il via vai quotidiano, si è rivelata ideale non solo per insegnare ma anche per studiare e proseguire l’attività scientifica. “Il periodo, per quanto complesso, si è rivelato davvero proficuo dal punto di vista didattico e di ricerca: ho scritto un testo per una pubblicazione dell'Écal di Losanna sui rapporti tra Depero e il fascismo, un altro sul tema del collezionare-archiviare-accumulare per IMG Journal e, parallelamente con gli altri docenti del corso di comunicazione Things that talk, siamo riusciti a portare avanti con ottimi risultati la didattica con gli studenti”, ammette Camillini.
La fine del lockdown è arrivata come una liberazione per il nucleo familiare del docente che ora sta per trasferirsi nella nuova casa, un po’ più larga e luminosa. Ma il senso di sollievo e di riacquistata libertà non è dovuto solo a un maggiore comfort domestico. La reclusione forzata gli ha anche dato la possibilità di concludere un’altra ricerca all’Università di Reading. A breve Camillini potrà discutere, sempre online, il suo studio su “Depero Futurista”. “Quindi potrò finalmente tirare il fiato, dopo questi mesi particolarmente faticosi”, spiega, “ho bisogno di riprendere un po’ di energia perché non vedo l’ora di tornare a lavorare dal vivo con gli studenti – per quanto la didattica a distanza stia funzionando bene penso che questa sia da intendersi come strumento fondamentale integrativo e di supporto a quella tradizionale, fatta di rapporti umani e materialità”.
(zil)