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UniNews

"Accompagneremo lo sviluppo tecnologico del territorio"

Consolidare i punti di forza di ricerca e didattica in ambito ingegneristico. Andrea Gasparella, vicepreside di Scienze e Tecnologie, illustra i due principali obiettivi degli anni a venire.

Prof. Gasparella, qual è l’obiettivo della Facoltà sia per quanto riguarda la didattica che la ricerca in campo ingegneristico per i prossimi tre anni?
Con il preside Stefano Cesco e il collega Matthias Gauly, vicepreside alla ricerca, abbiamo lavorato molto e, con grande sintonia, stiamo proseguendo assieme al neo-preside prof. Marco Gobbetti per dare concretezza al progetto di dar vita a due nuove Facoltà, una in particolare di Ingegneria. È ancora presto per indicare quando saranno pronte le strutture che accoglieranno studenti e docenti ma, le iniziative sia in ambito didattico che di ricerca si susseguono ed aumentano continuamente sin d’ora. Che l’anno sia il 2022/23 o il successivo, la Facoltà partirà già con slancio. I numeri delle iscrizioni, in crescita negli ultimi anni, ci confortano. 

Quali saranno i punti caratterizzanti questa scommessa della Provincia e dell’Ateneo?
Stiamo lavorando per dare concretezza e solidità a un progetto che ci permetta di avere una connotazione specifica rispetto alle Università di Innsbruck e Trento. Abbiamo già una fisionomia molto chiara che ci permette di distinguerci dalle altre realtà, anche se più consolidate. Rispetto a queste, abbiamo forse l’energia e la flessibilità per cogliere le nuove sfide e opportunità. Il contesto territoriale, sia ambientale e geografico che socio-economico, ci parla di imprenditorialità e innovazione coniugate a tradizione e sostenibilità. Questa dev’essere la chiave di interpretazione del ruolo dell’università e dell’ingegneria in particolare. Una ingegneria che si innesta nella tradizione dell’ingegneria industriale, meccanica ed energetica - non a caso le tre declinazioni con cui già siamo presenti con corsi di studio o indirizzi triennali e magistrali - sviluppandosi e interpretando interdisciplinarmente gli spunti e le potenzialità che provengono dall’ingegneria elettronica e dall’informatica. 

Un progetto multidisciplinare quindi?
Si sente molto parlare di multidisciplinarità, ma non dobbiamo confondere le cose. Non si tratta di creare profili che sappiano tutto di qualsiasi cosa. Sarebbe un’impresa impossibile e controproducente. La mia idea è che ci sia bisogno di specialisti con competenze disciplinari chiare, diverse e complementari, che però sappiano interagire tra loro. Se mi si passa la semplificazione, le aziende non hanno bisogno di un ingegnere-informatico o dell’informatico-ingegnere, cioè di un ingegnere che sappia tutto dell’informatica o viceversa. 

Cosa serve alle aziende, allora?
Servono loro professionisti capaci di guardare allo stesso problema da prospettive diverse e di proporre soluzioni complesse che integrano competenze diverse. In questo modo il risultato che si ottiene supera la somma dei singoli contributi. Per questo motivo, abbiamo già iniziato a sviluppare collaborazioni didattiche con la Facoltà di Scienze e Tecnologie informatiche, una realtà di riconosciuta eccellenza in ambito nazionale e internazionale, che prevedono ad esempio che i loro studenti magistrali di Software Engineering for Information Sistems possano seguire dei corsi di Mobile Robotics della nostra magistrale in Ingegneria Industriale Meccanica. Presto simili sinergie saranno estese simmetricamente anche ai nostri studenti. Frequentandosi e applicando conoscenze e prospettive complementari allo stesso oggetto, impareranno a collaborare e a risolvere assieme problemi complessi. Ci auguriamo che le aziende comprendano che assumere un ingegnere assieme ad un informatico, formati in questo modo, sarà molto più produttivo ed efficiente che assumerne uno con competenze troppo trasversali e generaliste.  

La creazione di nuovi percorsi di studio prevede il coinvolgimento attivo degli operatori economici?
Questo avviene costantemente. Nel corso del tempo abbiamo tessuto una rete di rapporti molto stretta e proficua con gli imprenditori locali per aggiornare costantemente i percorsi in funzione dei profili formativi necessari e fare sì che siano rispondenti alla realtà produttiva locale in continua evoluzione. Assoimprenditori da anni è un nostro partner attento e sensibile. 

Sotto questo aspetto, quali margini di miglioramento ci sono? 
Da parte nostra, penso soprattutto a come valorizzare e dare maggiore risalto all’apporto che i nostri laureati stanno dando alle imprese in cui sono stati accolti. Alle imprese e agli operatori economici chiediamo la pazienza e la perseveranza di seminare e coltivare assieme a noi il futuro del territorio, sapendo attendere i tempi della formazione e dando alle nuove generazioni l’opportunità di completare il percorso formativo, nonostante la grande sete di profili tecnici che porta talvolta quasi a percepire una sorta di competizione per i diplomati. In tal senso è necessario essere creativi e proporre modelli di formazione innovativi.

Si riferisce al corso di laurea duale in Ingegneria industriale e meccanica? 
Sì, è un programma con caratteristiche uniche non solo in Italia, che concilia studio e una concreta pratica professionale, remunerata. Chi lo porta a termine, alla fine può vantare un’esperienza di almeno tre anni mentre i suoi colleghi neolaureati devono ancora iniziare a lavorare. Un vantaggio enorme, senza contare il fatto che si comincia a guadagnare da subito e che si può contare sul tutoraggio personalizzato. Insomma, chi compie questa scelta, non sbaglia, tanto più che le imprese con cui viene stipulato il contratto di apprendistato, solitamente trattengono il laureato, dopo averlo formato alle loro esigenze produttive. Stiamo cercando di individuare le forme per estendere questa opportunità anche ai corsi di laurea magistrale, in particolare a quello in ingegneria industriale meccanica. Per le aziende del territorio, è la soluzione ideale perché hanno a disposizione una risorsa da subito, senza dover attendere l’uscita dall’università. 

Lo stesso avviene anche con la laurea professionalizzante di Ingegneria del legno
Non è esattamente la stessa cosa ma anche questa formazione conta su un legame molto stretto col mondo produttivo. Abbiamo una partnership forte con il Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e con il Collegio dei Periti di Bolzano. Siamo supportati da Assoimprenditori, al punto che già adesso parte della formazione è coperta grazie all’apporto del personale che proviene dal mondo delle professioni, con un chiaro beneficio in termini di professionalizzazione per i nostri studenti. Anche se si tratta in questo caso di studenti a tempo pieno e non duali, un anno è quasi interamente dedicato al tirocinio in azienda e in studi professionali. Chi si laurea in Ingegneria del legno è operativamente pronto ad entrare nella filiera produttiva del legno e può accedere direttamente all’esame per l’iscrizione all’albo dei periti industriali. Anche in questo caso, vogliamo definire meglio il profilo in uscita e arricchirlo di una prospettiva internazionale. L’idea è quella di avviare collaborazioni con le Fachhochschule tedesche per sviluppare un profilo professionale riconosciuto sia in Italia che nei paesi di lingua tedesca.

Un’ultima domanda: com’è andata in questo difficile periodo di lockdown? 
Tutta l’università si è mossa con rapidità ed organizzazione e ha saputo offrire agli studenti un servizio di didattica a distanza che a giudicare dai primi feedback forniti dagli studenti ha superato le più rosee aspettative. Siamo sicuri di aver imparato molto da questa situazione e vogliamo investire anche per il futuro in forme di didattica di tipo misto, che ci permetteranno di estendere il nostro raggio di azione, di superare problematiche logistiche, sia contingenti strutturali, come ad esempio l’ospitalità agli studenti, e di integrare le esperienze didattiche con quelle professionali. Non solo la didattica quindi non si è interrotta, ma è in qualche caso persino migliorata, consentendoci di rafforzarci anche per il futuro. 

(zil)